Breve racconto
16 dicembre del 2000
Una storia d’amore dove un uomo ha toccato la felicità.
Dedicato a mia moglie
Autoritratto di un uomo
qualunque
Mi chiamo Simone e sono “un uomo qualunque”, ho raggiunto i trent’anni e sono soddisfatto della vita, sono sempre vissuto a Forlimpopoli, un paese ai borghi di Forlì, città natale di Pellegrino Artusi, dove credo continuerò a viverci fino alla morte.
Sono sposato con una donna fantastica di nome Daniela ed ho due figli, Giulia di due anni e mezzo ed Andrea appena nato.
Amo molto dipingere, infatti ho creato vari quadri in diversi stili, dovendo ancora scoprire la mia vera indole pittorica, però riesco discretamente a mettere su tela i miei pensieri ed i miei umori.
Dalla vita pretendevo la felicità e grazie all’amore l’ho raggiunta, così ho voluto scrivere questo breve racconto per dimostrare che quel sentimento che molte persone credono inesistente …..io l’ho trovato.
Questa storia di seguito riportata è la nascita di un grande amore iniziato lentamente e sfociato in un sentimento puro che ha riempito la vita e dato uno scopo ad essa.
L’amore unico esiste ed ora lo racconto.
PARTE PRIMA
(inizio)
Ciao, mi chiamo Mattia ormai sono alle soglie del mio trentesimo anno di età, e posso dire di aver raggiunto la felicità…, questo è grazie a Stefania, mia moglie, Claudia, mia figlia e Davide il secondo figlio che è in prossimità di arrivo.
Tutto inizio il 2 gennaio 1992, quando presi servizio presso una mensa aziendale di Bologna; premetto che sono romagnolo, abito a Forlì e che sono orgoglioso di esserlo, pensate andare a lavorare a Bologna, in Emilia, nostri avversari in tutti gli sport e non solo… mi sono impiccato con le mie mani.
Torniamo al 1992, ero fidanzato già da quattro anni con Sonia, una ragazza alla quale volevo bene ma non ero ancora riuscito a capire se era amore o solo affetto; comunque era un rapporto molto particolare, litigavamo sempre e ogni due giorni la mandavo al diavolo, però ormai come se fosse una routine si continuava a stare insieme. Non ne potevo più, mi stava stretto quel rapporto ma non riuscivo a liberarmi, il terrore era, restare da solo … un incubo per me, non avere più nessuno da aiutare e per farsi aiutare nei miei momenti difficili, cosi continuavo a restare lì, con lei, infelice ma sicuro che c’era.
Alle 8.00 presi servizio in quella enorme cucina, era un posto nuovo per me, abituato a lavorare con poca gente, lì mi ritrovavo a lavorare con 30 persone, un enorme caos, quattro cappe sempre accese, uno che correva, l’altro che urlava…. ma, comunque, mi sono ambientato subito….. in mezzo al casino mi trovo bene. Conobbi subito quasi tutti, tranne due o tre persone che erano in ferie oppure in malattia,… tra queste c’era lei…. Stefania; la vidi qualche giorno più tardi, era piccolina tutta capelli, castani, con gli occhi che parlavano…. ma era anche fidanzatissima con un burundi di Milano che si chiamava Giacomo.
Era una gran confusionaria, molto simile a me e come si dice due caratteri uguali si respingono, e fu così.. infatti nei primi periodi ci stavamo proprio sul cazzo, litigavamo per tutto e ci buttavamo sempre uno addosso all’altro come cane e gatto “non sapendo però chi era dei due il cane oppure il gatto”; comunque ben presto, grazie ad una rompicoglioni di nome Pamela, la quale mi fece talmente incavolare, che arrivai al punto di tirarle una cassa di bietola in testa
iniziò la mia amicizia con Stefania. Mi prese sotto braccio, “me lo ricordo come se fosse stato ieri”, mi trascinò alla macchinetta del caffè ed offrendomene uno mi disse:<benvenuto dalla parte dei pazzi, ora i pazzi siamo diventati due, io e te>, io quella frase la presi con gioia, mi ero avvicinato a lei e così iniziammo a comunicare e a diventare presto amici.
Ero geloso marcio di Cristian, un mio e suo collega, molto carino al quale Stefania era molto legata, anzi troppo…. erano buonissimi amici, si conoscevano da molto ed avevano un’ottima sinergia, però io sia in amicizia che in amore sono molto possessivo e volevo a tutti i costi che preferisse me a lui; ….. ci sono riuscito ma molto tempo dopo.
Un bel giorno lascia Giacomo, felicità immensa, mi stava proprio sulle scatole anche se non lo conoscevo di persona ma da come me ne parlava mi ero fatto una mia idea; questo però non cambiò niente tra di noi, io ero sempre con Sonia e lei adesso era sola….. sola, cosi per dire, corteggiata a destra e sinistra come una principessa infatti è una principessa.
Una sera in discoteca Stefania incontra Luciano, osceno, un mostro, stronzo all’inverosimile, ma a lei piaceva e come si suol dire la sfiga più nera al primo appuntamento chi l’accompagnò!!! … IO… mangiandomi dita, mani e perfino i piedi; era amore, diceva lei, per me invece non esisteva coppia peggio assortita, lei ribelle, scatenata e molto pazza, lui figlio di mamma, viziato, antipatico e pure molto stronzo, anche se di me diceva che ero una bella cartola (bel tipo), lui a me faceva schifo e non poco.
Ci siamo ritrovati diverse volte ad uscire insieme, con i colleghi, per cene e poi per andare a ballare e casualmente alla fine di ogni serata ci ritrovavamo sempre soli, io e lei, lei ed io e non succedeva mai assolutamente niente, non ho mai avuto il coraggio di fare la prima mossa per paura di un rifiuto e anche lei, non so il motivo perchè non si sia mai fatta avanti. Abbiamo continuato a vederci, a divertirci e a stare insieme sempre più spesso, fuori e dentro l’ambito lavorativo ed io così ho iniziato, scherzando a darle addosso dicendole che prima o poi l’avrei fatta innamorare di me, che mi piaceva e spesso le chiedevo un bacio non avendo mai una risposta positiva.
Un giorno eravamo in cucina, nello spogliatoio degli uomini “era il posto dove si andava quando si voleva “cazzeggiare” un po” ed avvicinandomi a lei le chiesi per l’ennesima volta se mi dava un bacio…., quell’attimo fu fantastico, si volto di scatto verso il mio sguardo e mi baciò delicatamente sulle labbra lasciandomi totalmente inebetito, e scappo via. Quel bacio, che è durato una frazione di secondo fu dolce, caldo e passionale da togliermi il respiro, una fitta al cuore da stordirmi e fu come un desiderio che si avverava, un desiderio che tardava ad arrivare, uno spiraglio di luce nel buio, era quello che aspettavo ed era quello che cercavo.
Nel frattempo io e Sonia eravamo hai ferri corti, c’era una insoddisfazione totale, io pensavo a Stefania e Sonia si stava innamorando di una sua amica e devo dire che non aveva scelto male. Comunque era insicura e fra rabbia e delusione per i nove anni persi, mi faceva una gran tenerezza, perché dentro di lei si era mossa una molla e tutte le sicurezze che poteva avere le aveva perdute in un attimo. Io soffrivo, perché nel bene e nel male era una persona che faceva ormai parte della mia vita e finire una storia lunga lascia sempre una forte amarezza in bocca, è pur sempre un fallimento anche se speravo in un netto miglioramento. L’ho aiutata a guardarsi dentro e a fare le sue scelte, voleva restare con i piedi in due scarpe perché io ero la sicurezza e l’altra la novità, non ho accettato ma ho insistito perché seguisse il suo cuore e i suoi desideri sia mentali che fisici chiudendo cosi una porta e aprendone un’altra.
Anche Stefania stava mettendo una fine alla sua relazione con quella specie di animale, liberandosi cosi di una storia sbagliata sin dell’inizio con una persona che non la meritava
e non l’apprezzava, limitandone la felicità, la voglia di divertirsi e la libertà … ed io … io ero felice, anzi felicissimo… eravamo liberi!!!
PARTE SECONDA
(la prima volta)
Ero felice, liberi entrambi di poter fare quello che ci pareva, liberi anche di amarsi se lo volevamo.
Agosto 1996, ci organizzammo per passare una serata insieme, il tempo non era dei migliori, le nuvole offuscavano la luna e le stelle facevano fatica a brillare anche se ero insieme ad una stella. La voglia di uscire non c’era così decidemmo di restare a casa sua, visto che sua madre era fuori per alcuni giorni.
Mangiammo una pizza e bevemmo un casino, eravamo già storditi e cotti a metà serata, però volevamo divertirci cosi ci siamo stesi nel letto e abbiamo parlato di tantissime cose guardando il soffitto ed incrociando spesso lo sguardo. Avevo la mente offuscata dall’alcool cosi ho iniziato ad abbracciarla, accarezzarla e baciarla a lungo, mi tremavano le gambe, mi sentivo come un bambino alle prime armi, alle prime cotte, con la testa, i pensieri ero già partito, immaginavo il dopo …. amarla, toccarla, unendo il mio corpo al suo, immaginavo i suoi capezzoli turgidi sulla mia pelle nuda, la sua lingua lungo il mio torace verso il mio sesso ed il suo corpo caldo, aspettandomi, esplodeva in un misto di umori sentendomi dentro di lei, godendo così per molte ore e per ripetuti orgasmi…, era quello che volevo e che desideravo ma non quello che accadde.
Ci siamo baciati a lungo, ci siamo giurati amicizia ma ci siamo fermati in tempo per paura che l’abuso di alcool ci facesse fare scelte sbagliate, volendo aspettare cosi un domani da sobri.
Alle 8.00 ci siamo svegliati, abbiamo messo a posto casa e ci siamo salutati, baciati promettendoci di andare cauti. Tornando a casa, in auto, stavo male pensando alla serata, mi davo del deficiente per non averne approfittato “come avrebbe fatto qualsiasi uomo”, però allo stesso tempo ero euforico perché sapevo, ero certo che sarebbe successo qualcosa prima o poi e sarebbe stato qualcosa di speciale non una semplice avventura. Da quel giorno in avanti le cose continuavano come sempre, tranne che eravamo diventati inseparabili, se non ci vedevamo ci telefonavamo, comunque stavamo sempre in contatto, però, tra di noi non successe più niente, eravamo ottimi amici, sapevamo entrambi che c’era qualcosa di più ma la paura di rovinare una fantastica amicizia era troppo forte…
Era il 3 novembre e avevamo deciso di andare a ballare al mare e per la prima volta doveva dormire a casa mia, però prima aveva un appuntamento a Cesena con delle sue amiche che non poteva assolutamente rimandare, cosi ci siamo dati appuntamento per mezzanotte a metà strada per poi fuggire insieme lungo la notte. C’era una nebbia da non vedere assolutamente niente, parcheggiai di fronte ad un hotel “Marin” aspettando il suo arrivo. Era un freddo cane ma ero talmente agitato che non lo sentivo, vidi un’auto arrivare, mi fece gli abbaglianti e si fermo di fronte alla mia … era lei …
Scesi dalla macchina e le andai incontro, le aprii lo sportello e lei mi sorrise … che bel sorriso …occhi che brillavano al buio come due stelle fluorescenti in una notte d’agosto, la bocca calda e dolce che incitava desiderio, l’aiutai a scendere dall’auto, aveva indosso un vestitino aderente corto fino all’inguine con due tacchi di mezzo metro che la slanciavano e la rilanciavano verso l’infinito…. credo che una bellezza così perfetta, sensuale, sexy tutto nello stesso tempo di non averla mai vista in vita mia, fortunatamente prima di morire l’ho vista… Ci baciammo e dopo i rispettivi saluti salimmo entrambi nelle nostre auto in direzione di casa mia; lungo la strada guardavo in continuazione lo specchietto retrovisore, dove vedevo fissi i suoi fari anteriori non sapendo cosa mi sarebbe successo durante le prossime ore ma con mille sensazioni che mi giravano tra il cervello ed il cuore. Arrivati di fronte a casa, parcheggiò la sua auto e sali nella mia per indirizzarci verso il mare. Erano già le 00.30 in auto parlammo di tutto, dei suoi amici, di cosa aveva fatto, di come aspettava impaziente l’ora di andarsene e di come si era stancata di stare in loro compagnia …, io nel frattempo l’ascoltavo estasiato.
Arrivati al Cornile, una discoteca di Milanomarittima, parcheggiammo ed una volta scesi dall’auto, ci indirizzammo verso il locale; all’entrata avevamo la mano nella mano dell’altra come due fidanzati ed io orgoglioso di essere al fianco di una tale bellezza non stavo più nella pelle dalla gioia, sperando, questa volta, in un’ottima conclusione di serata. Il locale era affollatissimo cosi dopo pochi minuti in pista, prendemmo due GinLemon e ci appostammo nei divanetti difronte al bar per sparlare e criticare la gente intorno a noi.
Si, abbiamo parlato, anzi sparlato per alcuni minuti ma durante questa “accesa conversazione” la testa era altrove e non smettevo mai di guardarla, gli occhi gli brillavano come due diamanti, la bocca ti chiamava verso di lei ed io, senza a più pensare alle conseguenze la baciai, la ribaciai fino a quando il desiderio represso dentro di noi non riusciva più a tacere e voleva esplodere in mille fuochi d’artificio di mille colori. Volevo sentirla mia, volevo possederla, volevo dimostrarle che ero io e solo io l’uomo della sua vita, volevo che arrivasse al punto di urlare al mondo che mi amava, volevo….; esitai un attimo, pensando al dopo ma lei, mi prese il viso tra le mani e mi sussurro all’orecchio:<non ho ancora bevuto e questa volta non fermarti>, io impazzii di gioia e nella foga del momento mi eccitai a tal punto che volevo fare l’amore lì, dove mi trovavo sopra quei divanetti che mi sembravano un enorme letto e quella musica assordante che non percepivo più, davanti a centinaia di persone che i miei occhi avevano cancellato ed eliminato sostituendo lei a tutto il resto, vedevo solo lei e la vedevo in tutto i suo splendore.
Scappammo dal locale, correndo verso l’auto e a tutta velocità ci dirigemmo verso casa dove buttati sul letto in preda di una passione irrefrenabile la bloccai e le chiesi:<voglio stare con te, far l’amore con te solo se domani, dopodomani e più avanti continuerai a svegliarti con me>, lei annui e facemmo l’amore per parecchie ore, un amore cosi grande non l’avevo mai provato, non credevo che potesse esistere un sentimento che ti facesse non respirare dalla gioia che ti prendeva il cuore come in mezzo ad una morsa da far male e capogiri da svenire e adesso che avevo capito che esisteva ero sempre più convinto di non lasciarmelo scappare. Ci addormentammo aggrappati l’uno all’altra sapendo che era solo l’inizio di una fantastica storia d’amore.
PARTE TERZA
(la vita insieme)
Il mattino il sole era alto nel cielo e mi sentivo forte come una tigre, la svegliai con un bacio dicendole “Ti Amo” e lei come d’istinto mi prese la nuca, mi avvicinò alle sue labbra, mi baciò intensamente e mi diede il buongiorno. Le portai il caffè a letto, aveva ancora gli occhi assopiti e i segni delle lenzuola sul viso, però più la guardavo più capivo che l’amavo, appena sveglia era bellissima. Quella mattina e quel pomeriggio li passammo a fare l’amore, non volevamo toglierci le mani di dosso, eravamo diventati come un corpo unico, la stessa essenza di vita….la nostra vita.
Io, quel giorno non me lo scorderò mai, alle sei di sera dovette tornare a casa, avevo le gambe che mi tremavano per la stanchezza, ma nello stesso momento non volevo staccarmi da lei, la baciai e ribaciai ripetutamente stringendola forte al mio corpo per riuscire a trasmetterle il mio amore, la salutai e lei partì.
Quella notte non riusci a dormire avevo il cuore che batteva fortissimo, io e lei insieme, amici da parecchi anni ed ora amanti, amici e amanti un cocktail esplosivo.. e magnifico. Non avevamo segreti l’uno verso l’arto perché ce li eravamo già raccontati in precedenza, lei sapeva quello che mi piaceva, quello che volevo e che desideravo ed, io, conoscevo lei dalle sue debolezze alle sue forze, eravamo realmente nudi l’uno verso l’altra e questo ci rendeva più forti e sicuri verso l’esterno.
Per il momento abbiamo preferito di non dire niente al lavoro, non volevamo sentire l’opinione non sempre piacevole dei colleghi perchè, anche se molto simili eravamo visti in due ottiche completamente diverse. Lei era la trascinatrice, il capo gruppo, un po’ menefreghista e totalmente pazza ma alla mano, col cuore grande e tutti le volevano bene, io, invece, ero il ribelle, quello che andava contro corrente, il giullare, l’effemminato che dava contro tutti (es: un trans zitello) ma con pochi amici ma buoni. Purtroppo saremmo stati visti come una coppia male assortita, uno dei due doveva soffrire per colpa dell’altro, ma come succede nelle gare, c’era una forte indecisione sul chi fosse il più debole o forte dei due.
In breve tempo, comunque, non riuscendo più a nascondere il nostro amore, era alquanto palese, tutti si accorsero che tra me e Stefania era nato qualcosa e così iniziarono ad interrogarci sul dove andavamo, con chi passavamo le serate e su cosa facevamo. Così un giorno lo “annunciammo”…..e con enorme sorpresa le persone più preoccupate erano proprio i nostri amici più cari che ci ripetevano: <<vi conosciamo molto bene e pensiamo che vi stiate immettendo in un grosso guaio per entrambi…..>>. Ma come tutti anche loro si accorsero che non era un colpo di testa ma un amore serio, speciale e grande come da noi comunicato più volte.
Presto decidemmo di andare a convivere, affrettando molto i tempi contro le idee di molti parenti e genitori. Noi come sempre eravamo sicuri della nostra scelta e “fregandocene” di chiunque abbiamo iniziare a vivere giorno e notte insieme aumentando così i nostri desideri, sogni e progetti.
Iniziammo così a cercare il nostro nido e dopo diverse ricerche ci dirigemmo verso una zona limitrofa di Forlì dove vi si trovava un bilocale ammobiliato abbastanza squallido, ma con un piccolo terrazzo che si affacciava direttamente sul canale del mulino e come panorama vi era un enorme campo che si affacciava sull’adiacente fiume, era “incantevole”, sembrava che il tempo si fosse fermato, ci mancavano solo i muli e saremmo tornati indietro di cento anni. Ci innamorammo immediatamente di quel posto e senza pensarci troppo lo affittammo. Nei primi giorni di febbraio ci trasferimmo con il supporto dei miei genitori (mia madre ad ogni scalino le colavano sempre più lacrime sulle guance, (come si può lasciare un figlio a qualsiasi età), ma felice per noi, finimmo a tarda serata anche se avevamo poche cose. Quella sera l’unico desiderio era quello di buttarci nel nostro “nuovo” letto ed abbracciati ci addormentammo stremati dalla stanchezza.
Il mattino seguente non avevamo quasi niente per fare colazione, nelle scatole trovai il caffè ma niente zucchero, allora scesi e andai in latteria portando così la colazione calda alla mia dolce Stefania, felici ed estasiati della nostra nuova vita insieme.
La vita di coppia era fatta a pennello per noi, ci trovavamo bene a dividere ogni attimo di vita con l’altro e credevamo che niente al mondo potesse mai sconvolgere questa nostra speciale armonia. La nostra piccola casa era diventata una reggia, abbiamo acquistato dei quadri, dei soprammobili e tanti fiori, cosi l’avevamo assomigliata a noi ed era diventata un piccolo begaux.
Eravamo molto fieri di aver costruito le basi per un futuro insieme, vi amavamo tutto quello che ci capitava, i vicini di casa sono diventati i nostri migliori amici, i loro genitori che abitavano difronte alla nostra abitazione, sono diventati parte della famiglia….. tutto girava bene e la ciliegina sulla torta sarebbe un figlio… che speravamo arrivasse il prima possibile.
Ci sentivamo intoccabili e siamo diventati ancora più forti quando una bellissima sera, nella nostra casa in campagna,nevicava fiocchi grandi campanelle, come quelle che sentivo attorno a me, il Natale era alle porte e davanti al fuoco scintillante del camino a legna vi regnava l’atmosfera per i regali, infatti, Stefania si accorse di aspettare un bambino, il nostro bambino. Ci siamo guardati dritti negli occhi, colmi di felicità, emozionati come quando un bambino riceve il regalo desiderato ma, non era un nuovo gioco e noi non eravamo più bambini.
Eravamo estasiati, ci immaginavamo i suoi occhi, il suo sguardo e il suo corpicino minuscolo non stavamo più nella pelle, volevamo comunicarlo a tutti e cosi fu. Iniziai a telefonare a tutte le persone che conoscevo e ogni reazione era diversa, chi contenti, chi indifferenti, chi euforici e chi contrari ma, noi eravamo felici che il nostro amore così grande sia arrivato a creare una nuova vita che avrebbe ben presto riempito la nostra.
Stefania dopo poco, sul divano davanti al camino socchiuse gli occhi e si addormentò …… io non capivo ancora niente, ero attraversato da mille emozioni diverse ed immensamente felice, volevo fare qualcosa, anzi dovevo fare qualcosa, quel giorno ero deciso d’immortalarlo in qualche maniera infatti mi misi a cercare a destra e a sinistra per trovare qualsiasi cosa che mi potesse aiutare a fermare il tempo in quel preciso istante. In un cassetto del vecchio comò rovinato dagli anni, vidi una scatola che usavo quando ero bambino, la presi e tornai vicino al mio amore. In quella scatola c’erano dei vecchi colori a tempera, molti erano secchi ed inutilizzabili, ma alcuni potevano andare bene. Presi un foglio, un piattino ed un bicchiere di acqua e mi misi (non l’avevo mai fatto prima) a guardare, riguardare Stefania accovacciata sul divano addormentata … mi sembrava di entrarle dentro, di catturare i suoi sogni, di decifrare i suoi pensieri…. la mano partii da sola sembrava che non avessi fatto altro tutta la vita, e così dal niente creai un piccolo acquerello dove la ritrassi addormentata in mezzo alle nuvole bellissima. Quel momento sono riuscito a riprenderlo come lo vedevo ed ancora oggi il suo ritratto è appeso in un posto privilegiato di casa nostra. Da quel giorno il dipingere diventò la mia passione e posso proprio dire che ho imparato grazie all’amore.
Da quel giorno la nostra vita girava attorno alla gravidanza, aspettando con ansia il nostro angelo.
Arrivò il momento della prima ecografia, non sapevamo cosa aspettarci, cosa si sarebbe visto e se si sarebbe visto qualcosa, comunque quel giorno arrivò, entrammo in ospedale e ci sedemmo in sala d’aspetto, emozionati ed in preda all’ansia di essere chiamati. Ci chiamò un medico, un bel uomo, giovane ed aitante, fece sdraiare Stefania sul lettino, le scopri la pancia, le mise del gel gelido ed inizio a svolgere l’esame. Nel frattempo io avevo il viso attaccato al monitor in attesa di notare qualcosa, “mi feci pure cazziare dal medico perchè ero in mezzo alla visuale”, apparse una figura che riprendeva una sacca scura con una specie di bisciolina all’interno, che però aveva mani, gambe e viso, era lui, mio figlio, che cresceva all’interno del corpo della donna che amavo, era un’emozione unica che solo un padre ed una madre potevano sentire.
Quella piccola creatura fra breve sarebbe diventato un bambino, il nostro bambino, da sfamare, da lavare, insegnargli ed indicargli la via migliore per crescere; stavo diventando padre eppure non riuscivo ancora a crederlo. Dentro il mio corpo provavo sensazioni nuove, grandi che non riuscivo a riordinare, stavo creando quello che avevo sempre desiderato, una famiglia e non mi faceva paura crescere, diventare uomo con tutte le responsabilità che questo portava, però, mi mancava qualcosa alla mia opera, non essenziale per un disegno finale ma importante per me, dovevamo sposarci.
PARTE QUARTA
(Il Matrimonio)
Volevo sposarmi e farlo entro breve, prima della nascita di mio figlio…
Stefania non considerava il matrimonio importante come lo era per me, però accettò di diventare mia moglie, così organizzammo il tutto per il mese di luglio.
Volevamo sposarci solo in Comune, con poca gente e fare un matrimonio abbastanza anonimo, lei aveva il pancione e non si sentiva a suo agio al centro dell’attenzione, ed io volevo renderla felice.
Così decidemmo di celebrarlo un sabato solo con i parenti più stretti, in un piccolo paesino in provincia di Forlì; la giornata era splendida, il sole alto nel cielo, io l’attendevo in comune insieme a mia madre ed ai pochi invitati, lei con mio padre come autista doveva ancora arrivare.
La vidi arrivare da lontano, ero molto emozionato, le andai incontro ed aprendole lo sportello la guardai e la baciai con la vista ormai offuscata dalle lacrime già scese.
Era bellissima con quel vestito color panna corto fino metà coscia che, non potendolo più nascondere, risaltava anche il pancione, aveva dei piccoli fiori incastonati in mezzo ad ogni ciocca di capelli con il viso che sembrava di porcellana, gli occhi come due fari accesi in una notte buia; era splendida ed emozionata, non piangeva ma gli mancava la forza di parlare, mi disse solo: “ti amo”.
L’aiutai a scendere dalla macchina, ci dirigemmo verso la scalinata del comune, sembrava non finisse mai, mi tremavano le gambe dall’emozione e Stefania aveva lo sguardo come perso in mille pensieri, eravamo felici ma nello stesso momento agitati perchè ci rendevamo conto che da quel momento in avanti eravamo realmente una famiglia e lo eravamo a tutti gli effetti.
L’amavo, l’amavo veramente e mentre il Sindaco parlava io con la mia mente ripercorrevo la mia vita non rimpiangendo niente, le prime litigate, il primo bacio e la prima notte insieme, constatando così che ero arrivato al culmine.
Dopo quel “si” ero legato a lei anche da un vincolo scritto, ero sicuro di volerlo fare ed ero altrettanto sicuro che non me ne sarei mai pentito così quando pronunciò: “vi dichiaro marito e moglie” scoppiai in un pianto dirotto di felicità.
Avevo realmente realizzato ogni mio sogno, adesso potevo urlare al mondo che era mia moglie, che non solo verbalmente ma anche praticamente, “sotto firmato” io l’amavo e questo per me era il massimo.
Uscimmo dal Comune e ci dirigemmo verso il ristorante, avevamo scelto un locale in campagna con un bellissimo giardino, una fontana altissima nel centro di un laghetto artificiale, era un posto incantevole come conclusione di questa giornata.
In totale eravamo in undici,veramente pochi,però a noi bastava,ci avevano addobbato un tavolo quadrato con una prestigiosa composizione di fiori nel centro che emanava un dolcissimo profumo, bicchieri di cristallo, posate in argento e piatti con bordo di un colore dorato.
Ci avevano predisposto davanti ad un’enorme vetrata che s’affacciava sul laghetto, così fra la fragranza dei fiori e lo zampillio dell’acqua sembrava di trovarsi al centro di un bellissimo giardino.
Ci sentivamo il re e la regina, era la nostra giornata e tutti ci giravano attorno, mangiammo,brindammo fino a tardo pomeriggio festeggiando in continuazione fino all’esaurimento delle forze, poi ad un certo punto tornammo a casa come marito e moglie.
Era stato un giorno speciale, uno di quei giorni cheti rimango impressi nella mente per tutta la vita;un giorno da raccontare ai figli e un giorno che si ripresenterà davanti ai nostri occhi in molte occasioni “era il nostro giorno”.
Anche la notte fu speciale; siamo rientrati in casa verso le nove di sera e ci siamo subito buttati nel letto, parlammo dei nostri sentimenti e dell’emozione di quelle ore, ci accarezzammo, baciammo e facemmo l’amore con dolcezza, assaporando ogni più intimo desiderio, sentendosi un corpo unico, un’unica presenza dentro quelle quattro mura poi addormentandomi ho rivissuto ogni minuto di quella giornata in un sogno, un sogno infinito.
Da quel giorno in avanti la nostra vita continuò come sempre, però, sapendo che eravamo realmente una famiglia con soddisfazioni, sogni e problemi che questo portava. Noi vivevamo in un equilibrio stabile, anche se anche talvolta i problemi, stupidi, ci portavano a discutere animatamente come, credo qualunque altra coppia; ci piaceva soprattutto il dopo, il momento di fare la pace, non riuscivamo ad essere arrabbiati più di cinque minuti ed ogni volta scoppiavamo in un dirotto pianto ed in un atto sessuale dolcissimo e pieno d’amore.
Cercavamo di soddisfare, nel limite tutto quello che desideravamo, privandoci delle cose assurde ma non di quelle essenziali e superflue, creandoci poco alla volta tutto quello che oggi abbiamo, cioè la nostra vita.
Eravamo in attesa del regalo più grande, volevamo conoscere il nostro amato bambino e sicuri che così la nostra felicità avrebbe raggiunto il massimo.
Impazienti di conoscere il sesso del bambino durante la seconda ecografia insistemmo su quello e con difficoltà si scopri che era femmina. Mio figlio era una bambina e felicissimi anche solo al pensiero di mettergli le gonne, i vestitini e le mollette nei capelli, iniziammo subito a pensare al nome ed a riempirgli il guardaroba.
Indecisi tra tre e quattro nomi femminili alla fine decidemmo per Claudia, mia figlia si sarebbe chiamata Claudia ed immaginando la bambina bionda con gli occhi azzurri come sognato più volte ci sembrava creato apposta per lei.
Un’emozione grande fu la prima volta che entrammo in un negozio d’abbigliamento per bambini, vedere quei minuscoli abitini cosi piccoli da poter essere indossati da un bambolotto, scegliere quelli da comprare ed immaginare di indossarglieli e vederla felice con un vestitino rosa di lana con il bavero di pizzo bianco oppure un cappottino a mongomeri, sempre rosa, con il cappuccio, era una strana sensazione, ci sembrava di vivere ancora un sogno ed eravamo impacciati solo al pensiero di come poterci gestire una così piccola creatura, sperando che avremmo imparato automaticamente alla sua nascita visto che nessuno nasce genitore.
PARTE QUINTA
(Il mio sogno)
Mi ritrovai da solo, a camminare lungo una spiaggia deserta, il mare era calmo, il cielo era offuscato dalle nuvole ed una leggera brezza mi accarezzava la pelle nuda procurandomi brividi lungo la schiena.
Ero sommerso dai pensieri, ripercorrevo lentamente ogni passo della mia vita, con nostalgia pensavo all’infanzia felice con mia madre che mi accarezzava i capelli e con il suo sguardo mi trasmetteva serenità, più che una madre era un’amica, le raccontavo qualsiasi cosa, ogni mio pensiero e capendomi mi consigliava per il meglio, mio padre, al contrario era burbero ma mi trasmetteva sicurezza, eravamo caratterialmente molto simili, quindi spesso in contrapposizione, era comunque una figura stabile, forte e ferma nella mia vita e mi aiutò a crescere e a camminare da solo.
Infine la nascita, attesa da tempo di mia sorella e la gioia della prima volta che l’ho vista con quegli occhioni che mi fissavano come per scrutarmi, quel piccolo corpo indifeso che potevo coccolare e stringere a me.
Pensavo e ripensavo ai miei primi amici, alle prime ragazze ed alla prima volta che ho conosciuto il sesso, stavo vivendo un momento di transito, ero felice di come mi ero evoluto, che in così poco tempo ero diventato grande, però sentivo nostalgia delle serate in discoteca, dei problemi che affliggevano la mia mente in quei periodi, che ogni qualvolta ripensandoli sorridevo di come ero scanzonato e senza alcun pensiero.
Credo sia normale che in alcuni momenti di vita si pensi al passato, sapendo con certezza che sedici o diciotto anni non tornano più.
Riguardavo con nostalgia ma con distacco il mio passato e rivolgevo lo sguardo al presente e al futuro mi riconoscevo così, come ero in quel periodo, felice con una donna che amavo ed in attesa di mia figlia, tutto questo era un sogno che mi seguiva lungo la mia vita.
Non so il perché ma svegliandomi la mattina, incrociando lo sguardo di mia moglie mi veniva d’impulso di stringerla e di baciarla, credo solo che infondo al mio cuore c’era una gran paura che tutto poteva finire e con la consapevolezza alla quale ero arrivato, potevo dire che la mia vita sarebbe terminata in quel preciso istante.
Con immensa gioia, mi accorsi che non avevo paura di invecchiare, perché avevo la certezza di essermi creato delle basi solide per affrontare qualsiasi età, non potevo pretendere di più da Dio, avevo felicità ed amore nello stesso momento, così ogni volta che mi risvegliavo dal sonno dei pensieri ero felice di come ero cresciuto, superando tantissime avversità, ma orgoglioso dell’uomo che ero diventato.
PARTE SESTA
(La nascita)
Ci troviamo in piena agitazione, il momento che mia figlia venisse alla luce, era ormai alle porte.
Il tempo non era dei migliori per una donna in gravidanza, c’erano 40° all’ombra e Stefania era tutta pancia ed ogni suo movimento le procurava una gran stanchezza, era sfinita ma felice che ormai era tempo di presentarci alla nostra bambina.
Era il mese di settembre e durante una splendida giornata di sole, che picchiava ancora forte, senza alcuna nube in cielo, mi arrivò una telefonata al cellulare, era Stefania che con voce agitata mi disse: <<è arrivato il momento, devo andare in ospedale>> …. mi sentii morire!
Corsi a casa come un folle, ero come impazzito, mi sentivo svenire, non mi reggevo sulle gambe ed il cuore mi voleva scappare dal petto, lei, invece, era apparentemente calma, credo che non si rendesse ancora conto di quello che l’aspettava, però ben presto se ne sarebbe accorta.
Corremmo ad alta velocità verso l’ospedale, entrati in reparto agitati, ci accolse un medico che, con molta calma e tranquillità ci suggeri di stare tranquilli perchè non si sapeva ancora quanto tempo c’era da aspettare, così le prepararono la stanza e la fecero accomodare in attesa del fatidico momento.
Quella sera non successe nulla, io dovetti obbligatoriamente andare a casa, lasciandola, così, sola in ospedale.
La notte non chiusi occhio, mi giravo e rigiravo continuamente nel letto, non riusciva a pensare ad altro, fino a mezzanotte stetti al telefono con Stefania, poi girando avanti ed indietro per casa, contando e ricontando ogni piccola mattonella feci l’alba.
Alle sei mi ritrovavo già al suo fianco in ospedale, ma stavo vivendo quel momento con una gran ansia nel cuore e stomaco perchè avevo finito la pazienza di aspettare…. “poi doveva lei partorire e fare più fatica….”.
Verso l’una di pomeriggio, arrivarono i primi dolori, venne subito portata in sala pre-parto deve avrebbe trascorso il periodo più faticoso e doloroso del parto.
Il dolore aumentò fino al punto che inizio ad insultarmi, impazzendo dal male, urlando a gran voce e sperando che il tutto finisse in fretta.
Io nel frattempo non sapendo cosa fare per aiutarla “avrei voluto sostituirmi a lei”, cercavo di aiutarla insieme all’ostetrica standole vicino, volevo trasmetterle tranquillità ma, senza grandi risultati.
Il momento era arrivato, camminando la accompagnai in sala parto, io non mi staccavo dal suo fianco volendo starle accanto tutto il tempo, l’aiutarono a salire sul lettino per il parto ed appoggiano le gambe sui rispettivi ripiani, iniziò a spingere.
La tenni per mano, non ragionavo, provavo virtualmente il suo dolore e stavo male per lei ma avevo anche una gran felicità nel cuore.
Ero pietrificato, m sentivo svenire e mi davo in continuazione del cretino perchè era lei quella che faceva fatica e che aveva un dolore allucinante, così la forza di volontà mi obbligava a stare in piedi incitandola fino alla fine.
Vidi la testa della mia bambina, non riuscivo più a respirare, non pensavo di poter provare tale emozione ed in un attimo tenendola la tirarono fuori…. era nata!!!Tagliato il cordone ombelicale, la posero sul petto della madre ed entrambi scoppiammo in un pianto dirotto di felicità.
Ore 15,20 è nata una stella di nome Claudia, la nostra stella, aveva gli occhi blu mare intensi, che ti guardavano con intensità e con stupore, il naso perfetto che guardava verso il cielo come per dire: “sono qua, sono nata, non piangete e guardatami”, la bocca era piccola e a forma di cuore con il corpo minuto raffiguravo la perfezione e noi eravamo come persi in un mondo parallelo, non ci rendevamo conto del luogo nel quale eravamo e migliaia di emozioni differenti ci sommergevano facendoci perdere ogni tipo di razionalità.
Non riuscivamo a crederci, era bellissima ed era nostra figlia, desiderandola da tempo adesso potevamo finalmente stringerla, accarezzarla, baciala ed offrirle tutto il nostro amore eravamo realmente al settimo cielo.
Non sapevamo come tenerla in braccio, la paura di “romperla” era tanta, sembrava di porcellana, un pezzo di cristallo pregiato da trattare con estrema cura, si doveva andare cauti e delicati, comunque immediatamente imparammo come comportaci, ci venne spontaneo come se non avessimo fatto nient’altro nella nostra vita; era reale il detto “ genitori si è dalla nascita ….. e non tutti lo possono essere….” e noi speravamo di diventare i migliori.
Stefania stremata dalla fatica tremava come una foglia al vento, però non attese un secondo di attaccarsi Claudia al seno. Questo piccolo angelo era da vedere con quanta voracità succhiava il primo latte dalla mamma e quanto amore regnava nella stanza in quel momento.
PARTE SETTIMA
(finalmente a casa)
Era una bimba deliziosa, nella nersury tutti piangevano come pazzi, Claudia invece, con gli occhioni spalancati, si guardavo attorno, gioiosa di vedere il mondo, nel suo piccolo lettino in mezzo a tutti quegli scalmanati.
Mia moglie vedendo quella dolcissima scena, prese la bimba tra le sue braccia, la baciò intensamente e se la portò nel suo letto, tenendola cosi per molto tempo.
Dopo due giorni di ospedale, finalmente, mi portai a casa le mie due donne.
Nel frattempo avevo preparato il lettino, la carrozzina, le copertine e tutto quello che poteva servire per accogliere nella maniera migliore mia figlia in casa sua.
Preparai la carrozzina per portarla in ospedale, ci sistemammo la nostra bambina pronta per salutare e conoscere il mondo, fuori dall’ospedale.
Eravamo emozionati di uscire , me le tenevo strette a me, così ci dirigemmo verso l’auto e una volta saliti e sistemata la carrozzina, ci dirigemmo verso casa.
Claudia scrutava ogni minimo dettaglio , “anche se dicono che i neonati non vedono…. io ci metto qualche dubbio…”, era spaesata ma sicura, già, di essere amata, noi guardandola e guardandoci negli occhi continuavamo a a piangere di Felicità “quante lacrime abbiamo versato in quei momenti!!”.
Affacciandomi dal balcone vidi i miei vicini, ormai tutti amici, che giravano avanti ed indietro per la piazzetta sottostante, incuriositi di vedere nostra figlia, cosi, come nel film “il re leone” quando il padre prese il figlio, Simba, fra le braccia ed innalzandolo sopra di lui lo fece conoscere all’intera foresta, io presi Claudia fra le mie braccia ed alzandola verso il cielo dal balcone urlai: “è nata!!!”……. in quell’istante mi sentivo realmente il re leone, il re del mio amore.
Da quel giorno in avanti la nostra vita cambiò radicalmente, il tempo e noi giravamo interno a lei, cercando di curarla, di aiutarla ed anche di soddisfarla nella migliore maniera possibile e credo che si impara dai figli a diventare genitori.
Durante la notte si svegliava due volte per mangiare e Stefania obbligatoriamente, perchè aveva il suo pasto in corpo, ed io per non lasciarle sole ci svegliavamo insieme e la coccolavamo fino a quando il sonno non la riprendeva con se.
Non abbiamo avuto alcun problema con biberon, pannolini, bagnetto, ecc…., infatti come già anticipato dovrebbe diventare automatico per un genitore custodire e curare la propria figlia, anche se la società nella quale viviamo spesso ci dimostra che non sempre è così.
Il nostro problema grande era come crescerla, come educarla ed insegnarle tutto, la paura era pensare se quello che noi credevamo giusto lo fosse realmente, comunque sicuramente non avremmo fatto gli errori dei nostri genitori ma ne avremmo fatti dei nostri, sperando di farne pochi.
Claudia era realmente un angelo, non si poteva considerare una semplice bambina, non ci dava assolutamente alcun problema, mangiava ai suoi orari, dormiva quando doveva ed in mezzo ai bisogni primari si divertiva a stare in mezzo alla gente e giocare con i primi giocattoli.
Non ci potevamo certamente lamentare, ci era venuto perfino il dubbio che potesse essere muta perchè non piangeva mai… comunque presto ci accorgemmo che aveva la voce ed anche con un tono potente.
Grazie a lei avevamo un grande via vai di gente in casa, diventò cosi la mascotte della piazzetta e cambiando le nostre abitudini, trovammo dei nuovi amici ed una nuova compagnia.
Noi in questa nuova veste ci trovavamo molto bene, Michela e Sergio, nostri amici dirimpettai di appartamento, avevano un figlio, Antonio, di otto anni che, strano a dirlo, passava l’intera giornata con Claudia la quare ricambiava con affetto questa sua nuova amicizia.
Si….. eravamo entrati nel mondo dei genitori, quel mondo che il fulcro centrale era parlare di figli, un mondo che anni indietro non ci piaceva ed invece diventò il nostro nuovo mondo.
Il gruppo ben presto si allargò, facemmo amicizia con Maria “la mia più cara amica” e Brunello i quali avevano due figli Paolo e Mirco, l’ultimo aveva l’età di Claudia poi arrivarono Paul, Franca, Manuel ed Antonia con i propri figli, così in breve diventammo un bel gruppo di amici con i figli che andavano d’accordo tra di loro.
Passavamo quasi tutti i sabato insieme, facendo giocare i bambini e nello stesso tempo stavamo insieme a persone simpatiche con le quali condividevamo, ci confrontavamo e ci aiutavamo a superare eventuali problemi di genitori.
Eravamo felici di questa nuova vita ed i panni di persone “mature” ci stavano a pennello.
Claudia ogni giorno cresceva e cambiava, sbalorditi da come capiva ed intuiva ogni minimo cambiamento, diventava sempre più “grande” che se desiderava qualsiasi cosa trovava il metodo di averla, era molto ruffiana, la quale con un semplice sorriso riusciva a farsi capire e “civettando” ad ottenerla…. “caratterialmente era un misto tra me e sua madre”…….una bomba!!!!
Passando il tempo era arrivato velocemente la fine del suo primo anno di vita ed era arrivata l’ora di inserirla all’asilo nido.
PARTE OTTAVA
(Primo anno di vita)
Ormai era alle porte il suo primo compleanno ed un anno era già passato ed avevamo imparato a vivere tutti felicemente insieme.
Ci eravamo trasferiti da pochi giorni in una casa più grande che si trovava all’ultimo piano di un condominio, era la casa dei miei genitori che una volta trasferiti ci avevamo lasciato per stare più comodi.
Abituati come eravamo ci siamo trovati in un appartamento con tre camere da letto, sala, cucina e bagno, così anche il problema casa era sistemato.
Abbiamo tento dei mobili che erano già allocati li e ne abbiamo comprati altri.
Divertendoci a girare per negozi alla ricerca di quello che ci serviva, piaceva e che riusciva a rimanere all’interno delle nostre finanze, comprando e ri-comprando automaticamente fuoriuscivamo sempre dal nostro Budget “la vita è una sola ed ormai il superfluo è diventato necessario”.
Comunque in poco tempo avevamo ricreato il nostro nido più grande ed a regola d’arte.
Lo scoccare del primo compleanno di Claudia era vicino ed ancora non avevamo deciso come festeggiarla, ma pensavamo di fare due feste: una con i parenti e l’altra con gli amici ed inoltre dovevamo anche festeggiare la nuova casa.
Decidemmo di utilizzare il giorno del suo compleanno che cadde di martedì, come la sua nascita, con i parenti così, lavorammo tutto il giorno per creare pasticcini, salati e la torta mille-sfoglie specialità di Stefania, divertendoci come matti pensando all’anno passato.
Alle otto di sera arrivarono i nostri genitori, zii, cugini con il loro figlio di due mesi più piccolo della nostra.
Tutti entrarono in casa son i regali e Claudia vedendoli impazzi dalla gioia, ci si tuffo in mezzo e strappando la carta con grande voracità, voleva vedere subito il contenuto.
Giocò tutta la sera come una forsennata e non sentendo la stanchezza che gradualmente l’assaliva e che si faceva ogni minuto più forte.
Era arrivato il momento della torta…. Claudia si mise a fissare la candelina con gli occhioni spalancati non sapendo cosa fare con quella fiammella ballerina; noi facendo imitazioni, gesti ecc… per spiegarglielo e alla fine con un soffio la spense, una gran coro di applausi e di canti si alzò nella stanza e lei stupita guardò tutti e “civetta” come sempre ricambiò con un bellissimo sorriso.
Quando la festa finì e gli invitati tornarono alla propria dimora, Claudia si mise sopra il suo “Bubu”, un orso gigante regalatole dalla nonna, lo abbracciò e stringendolo dolcemente si addormentò e noi prendendola in braccio la portammo nel suo lettino continuando ad augurarle un buon compleanno.
Si avvicino presto anche la domenica successiva, il giorno del festeggiamento con gli amici.
Uguale alla scorsa volta ci mettemmo alla mattina presto ai fornelli per prepararle tutto il necessario, ma calcolando gli gli invitati erano più del doppio del martedì, chiedemmo immediatamente rinforzi.
Arrivarono i cosi detti “soccorsi umanitari”, Michela ed Antonia ed insieme riuscimmo ad organizzare per il meglio la giornata.
Oltre i salati, i pasticcini e la torta preparammo anche pizzette, tramezzini … e mille altre golosità potendo cosi preparare un bellissimo buffet.
Oltre i nostri amici quotidiani vennero anche la “carovana” dei colleghi di Stefania e tutti insieme eravamo realmente in tanti.
Iniziarono ad arrivare verso le tre del pomeriggio, Claudia non riusciva a credere ai suoi occhi, ogni persona che entrava portava con sé un regalo per lei e piena di entusiasmo li apri immediatamente.
Giocò in continuazione senza mai fermarsi un attimo, era il suo giorno era cosciente che lo fosse perchè iniziò subito a dare ordini ai bambini e cercava di comandare anche gli adulti, “ruffianandosi” tutti con forti abbracci e mille baci.
Quando arrivo la torta, questa volta sapeva già come doveva comportarsi e facemmo fatica ad appoggiarla sul tavolo che l’aveva già spenta….. .., festeggiammo cosi fino a sera divertendoci sia lei che noi,
Questa volta Claudia crollo immediatamente ed alle otto era già nel suo lettino che dormiva profondamente, con quel velo di sorriso che raffigurava la splendida giornata passata.
PARTE NONA
(Pensiero)
Ogni tanto la mente percorre strade travagliate, procurando emozioni forti e forti dolori.
(ero sempre stato una persona che andava ad istinto, a sensazioni come gli animali, infatti mettevo sempre in moto prima la lingua che la testa. Amavo captare le emozioni degli altri a primo acchito trovandoci sempre un lato positivo, scrutavo, studiavo e a volte ammiravo la gente che mi circonda, fissandomi su una persona in particolare cercavo di entrarci dentro.
Come quando faccio un quadro cerco di studiare quel foglio, tela, legno e capire cosa vuole che gli dipinga sopra, sono sempre le emozioni che fanno muovere le mie mani per creare una mia precisa emozione, amore, dolore, felicità ed infelicità).
Avevo la testa piena di emozioni, di sensazioni diverse, amavo vivere quel momento di vita fino in fondo, non volevo perdermi un solo istante della gioia che la mia famiglia trasmetteva, quel gioiello splendente di mia figlia, ormai
cresciuta, che camminava avanti ed indietro per casa, mi si attaccava al collo riempiendomi di baci e di carezze, sembrava lei l’adulta che accarezzava i capelli al figlio, era uno splendore quando ti guardava con gli occhi grandi, di un azzurro cielo dove poterci volare e quello splendido sorriso che ti riempiva il cuore; erano momenti che volevo che si fermassero anche se ero cosciente del fatto che sarebbe stato impossibile.
Quando mi chiamava papà…… mi sentivo morire dalla gioia, io scapestrato come ero, stavo crescendo con la donna che amo una bimba, donandole tanto amore che non pensavo di avere ero realmente felice di crescere e di aiutare a crescere il mio diamante più prezioso.
PARTE DECIMA
(Asilo nido)
Era arrivato il momento di entrare a far parte del mondo dei grandi ……… era il momento di iniziare l’asilo nido.
A poco a poco iniziammo il suo inserimento, il primo giorno era spaesata ma euforica, voleva aver contatto con i bambini ma era troppo timida per buttarsi in mezzo alla mischia.
Ci volle un po’ di tempo ma ci entrò ed inizio subito a comandare come sapeva fare solo lei.
Essendo molto affettuosa si affezionò molto alle maestre e aveva già le sue preferenze, noi eravamo felici dell’inserimento e del rapporto già creato con gli altri bambini.
Crescere a contatto con i suoi coetanei l’aiutava a sviluppare quella parte di carattere che l’aiuterà tutta la vita a vivere in una società.
Questa sua esperienza scolastica, purtroppo, durò poco, perchè nei luoghi comuni si trovano malattie comuni e cosi facendo era più a casa ammalata che all’asilo sana.
Insistemmo per un po’ di tempo ma spendevamo soldi per la frequenza che non faceva. Mio padre vedendo tutto ciò ci propose di ritirarla e di affidarla a lui per le nostre ore lavorative e anche se a malincuore perchè credevamo fortemente che l’asilo fosse importante, Claudia inizio la sua nova esperienza con il nonno.
Mio padre era andato totalmente fuori di zucca ed insieme a lui anche la nonna e la zia, senza contare che la bimba essendo viziata a destra e a sinistra non voleva più venire a casa ed ogni giorno si trasformava in un trauma per lei e per noi.
Noi comunque, eravamo contenti di questo suo legame con i noni, perchè ripercorrendo la nostra infanzia la figura dei nonni, sia per me che per Stefania fu fondamentale per la nostra crescita e poi tra virgolette “i nonni viziano ed i genitori educano”, questa è la legge della natura umana.
Calcoliamo che poi esiste un’altra nonna, che abitando lontano non riuscivamo a frequentarci assiduamente come con i mie genitore, però ogni volta che Claudia vedeva la nonna …… cambiava guardaroba.
Comunque la Diva…. , questo è il nome della mamma di Stefania, progettava già da tempo di trasferirsi vicino a noi, non volendo restare sola con lo zio in una grande città, e non volendo perdersi la crescita della propria nipote.
PARTE UNDICESIMA
(un pensiero …. una realtà)
Claudia stava crescendo, ed orgogliosi di come era diventata e di come stava diventando, iniziammo a pensa di crearle una compagnia.
Non un cane o un gatto, volevamo un secondo figlio, anche se un detto popolare diceva. “un figlio è poco … due sono troppi”, noi ci stavamo convincendo di provare questi “troppi”.
Questo desiderio cresceva giorno per giorno dentro di noi, cosi iniziammo a darci da fare “è sempre un piacere farlo”, per creare una nuova vita.
Non era complicato, non facemmo neanche molti sacrifici, ci piaceva da matti fare l’amore e non volevamo mai smettere di farlo.
Presto comunque il test risultò positivo……. è in arrivo il secondo figlio…, e noi incoscienti, come classificati da molti parenti, eravamo alla faccia loro entusiasti della notizia.
La famiglia cresceva, i problemi aumentavano ma anche la nostra unione aumentava e, credo, che era proprio questa la nostra forza, la nostra ancora e il nostro potere.
La felicità aumentava giorno per giorno, Claudia era felice della notizia di un fratellino o sorellina in arrivo e noi dal canto nostro eravamo coscienti che dovevamo stra attentissimi e mettere Claudia sempre al primo posto per non generare gelosie inutili.
Il tempo passava e Stefania iniziava a crescere, la gravidanza era simile alla prima anche se con qualche dolore in più.
Il sesso del bambino era ancora incerto, anche dopo la seconda ecografia, quella del quinto mese, comunque andava bene sia maschio che femmina, l’importante era che stava bene.
Claudia era dolcissima si stendeva sulla pancia della mamma e le sussurrava “bimbo mio…”era un amore ed eravamo convinti che sarebbe stata una brava sorella maggiore.
“Mamma! Quanti calci tira”….. la pancia si muoveva a destra e a sinistra, su e giù come un pallone e Stefania si lamentava del dolore ogni volta, sembrava volesse uscire a tutti costi e già si dimostrava più incazzato della prima figlia.
Infatti ben presto, dovemmo correre al pronto soccorso, era molto presto, mancavano ancora 3 mesi alla fine della scadenza, il bambino comunque voleva uscire, così i medici diedero a Stefania delle medicine per bloccare il parto ma, i dolori non cessarono.
Era ora della terza ecografia e felicemente scoprimmo il sesso del bambino “era maschio” …….. un maschio e una femmina cosa potevamo desiderare di più ….. niente…. era il massimo!!!!.
La nostra felicità si poteva toccare, Stefania anche se preoccupata, non sapendo come avrebbe reagito la sua bambina a tutto ciò, non poteva trattenere troppo la gioia che aveva in corpo e la trasmise a tutti….
Bisognava decidere il nome dell’ultimo arrivo ed io mi opposi,a tutti i suggerimenti che arrivavano… questa volta, io volevo chiamarlo Davide, “lo so che l’erba voglio non esiste neanche nel giardino del re”, e Davide doveva essere….. non accettavo compromessi.
Iniziarono i dolori ma mancava più di un mese prima della scadenza anzi anche quaranta, cinquanta giorni…. era presto!….. Stefania aveva le contrazioni ogni 5 minuti e si arrotolava dal dolore, bisognava correre in ospedale……
Giunti in ospedale i medici ci tranquillizzarono “ancora una volta” perchè dopo la visita ci comunicarono che si stava preparando al parto ma manca ancora molto tempo.
Più sereni , ma con i dolori ancora presenti tornammo a casa, quello fu il periodo più faticoso del parto, Davide voleva venire alla luce ma non era ancora giunto il suo momento.
PARTE DODICESIMA
(La nascita)
Era il 23 gennaio 2001 mancava ancora un mese allo scadere del nono mese di gravidanza.
Mi trovavo al lavoro, preso, come sempre da mille problemi, quando ….. “drinnn…. .drinnnn….” squillò il telefono, presi la cornetta e dall’altra parte c’era Stefania che con voce agitata mi disse: <<Davide ha rotto le acque, sono tutta bagnata, ….. vieni a casa!!!!!>> e riattaccò …… rimasi impietrito…
Respirai profondamente, presi lo zaino, salutai tutti i colleghi e scappando verso casa iniziai a telefonare a tutti…. “mamma è ora…. corri in ospedale!!!!”, questa fu la prima, le altre più o meno erano uguali.
Orte velocità mi diressi verso casa, avevo la mente offuscata da mille sensazioni, il cuore mi sbatteva nel petto da farmi male e la sudorazione era eccessiva “troppo eccessiva”, …. ero entusiasta e non riuscivo più a trattenere la gioia.
Se avessi incontrato polizia, carabinieri, ecc…. ,alla guida mi avrebbero immediatamente inserito in cella e buttata via la chiave, non guidavo …… volavo….. cantando frasi senza senso, ridendo ed urlando come un matto in manicomio, ero su di giri ero realmente al massimo…. “dopo inizia la pazzia”.
Suonai come un folle sotto casa, scesi dall’automobile, feci tre piani di corsa e lei era lì, che stava cercando di vestirsi, con questo liquido che continuava ad uscire che la rendeva sempre più inzuppata, ….. rideva, rideva come una matta perchè guardava Claudia, che capendo immediatamente la situazione si era vestita da sola, … aveva indossato tre paia di mutande e due magliette una sopra all’altra ed urlava: “ pronta io… pronta io!!!”, era usa situazione comica ma splendida.
L’aiutai a prepararsi, aveva un viso solare come due stelle ma trasmettevano anche un senso di paura, perchè effettivamente era presto per il parto, però a otto mesi sono nati tanti bambini…. quindi non mi sentivo estremamente preoccupato… forse incoscientemente!!!!
Presi Stefania sotto braccio e Claudia e Claudia per mano, scendemmo dalle scale e salimmo in auto, le riposi perfettamente in comodo e … via…. verso l’ospedale…
Giunti in ginecologia i medici diagnosticarono la rottura della placenta, ma ci comunicarono che poteva passare anche ventiquattro ore prima del parto e che soprattutto il bambino stava bene ed era già pronto per uscire…
Usciti dall’ambulatorio, ci trovammo di fronte mia madre e mia sorella, le quali ci aiutarono a sistemare le varie cose di Stefania e del bimbo in camera ….. poi uscimmo dall’ospedale per fumare in tranquillità…
Una, due, tre, ……. sigarette e cosi via, Stefania emanava ogni tanto dei lamenti ma li classificava come deboli, però per l’agitazione non smetteva mai di parlare, di dire cose serie o cazzate contemporaneamente ma la paura del parto la stava assalendo anche perchè, questa volta, sapeva realmente come avrebbe passato le prossime ore, anche se felice di conoscere il nuovo membro della famiglia.
Ogni ora la visitavano, da dilatazione aumentava e il momento di dare alla luce Davide si avvicinava.
Alle 22.00 entrò in sala travaglio ed io sempre al suo fianco, cercavo di aiutarla moralmente con la mia vicinanza “non è detto che questo l’aiutava”, ma era quello che potevo fare in quel momento in quella piccola stanza dove si sentiva il calore umano che andava dalla paura all’estremo amore.
I dolori aumentavano e Stefania diventava sempre più e Stefania diventava sempre più sofferente, si aggrappava al mio collo lamentandosi sempre più assiduamente, teneva le gambe larghe e le ginocchia leggermente piegate spingendo, chiedeva aiuto all’ostetrica, ma nello stesso istante rifiutava ogni contatti fisico ……. il momento era arrivato…… ed insieme l’accompagnammo in sale parto.
L’aiutarono a salire nel lettino predisposto per il parto, le appoggiarono le gambe negli appositi manici ed iniziò il parto…..
Il dolore era allucinante, ed io mi trovavo in uno stato comatoso, non capivo più niente, vedevo la sofferenza di Stefania ma ero felice, felice e ancora felice per quello che stava succedendo.
Piangevo a dirotto e non riuscivo a trattenere le lacrime, questa volta ancor14prima della nascita del bambino…. ma soffrivo anche tanto a vedere il suo dolore che mi entrava nel sangue circolandomi lungo il corpo.
Davide stava nascendo, immaginavo la sua fatica, il dolore che doveva provare…. trasformando il suo corpicino e stringendo la testa e corpo per venire al mondo.
Stava nascendo…. la testa era già fuori, mancava una spinte ed è …….. “nato”…. Davide è nato …. tagliato il cordone ombelicale lo posero sopra il corpo di Stefania.
Ci guardammo negli occhi, lo guardammo negli occhi ed iniziò il nostro dirotto pianto di felicità… era bellissimo ….. piccolo, pieno di piegoline, le manine con i pugni duri, gli occhi che cercavano sicurezza e la bocca semi aperta…. eravamo lì abbracciati…. sembrava un quadro romantico, un’immagine che non potrò mai dimenticare.
Lo presero e lo misero sotto la lampada per riscaldarlo e nel frattempo io sono rimasto accanto a Stefania sfinita in sala parto e lui lì con la nonna e la zia estasiate dalla sua nascita.
Ero convinto che la vita era splendida e che bisogna viversela in tutta la sua più semplice verità.
PARTE TREDICESIMA
(……………..)
Non bisogna cercare la felicità in cose irrealizzabili, più delle volte cose futili, bisogna credere nell’amore ed in tutte le sue sfumature.
Io ci ho creduto e ho realizzato i miei sogni, non importa avere la casa bella, la macchina nuova e tanti soldi, l’importante è amare e sentirsi amati, diventare una essenza unica, creare nuove vite nuove che a loro volta chiedono e danno amore.
Io sono un uomo e questo è il mio amore, io sono un uomo felice.